La Regione garantisca immediatamente il diritto allo studio. No alla autonomia differenziata.

La Costituzione italiana garantisce il diritto allo studio (art.34 “La scuola è aperta a tutti … I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”) e con l’art. 117 assegna alle Regioni il compito di garantirlo.

La Regione Veneto ha promosso la richiesta di avere trasferita la competenza in moltissime altre materie con la “Autonomia differenziata”, pur non essendo in grado di garantire quanto già da tempo è di sua competenza. Con quale autorevolezza? Non solo sta demolendo la quantità e la qualità dei servizi sanitari e sociali, ha dimezzato il personale ispettivo nei luoghi di lavoro pur essendo la regione in cui accadono moltissimi incidenti nei luoghi di lavoro con conseguente numero di morti, di feriti, di invalidi tra i più alti in Italia. Giusto per citare alcuni casi.

Per quanto riguarda il diritto allo studio, l’operato della Regione è disastroso, intollerabile. Bene ha fatto l’Udu ad organizzare una manifestazione di protesta al Polo Zanotto. Possibile che su oltre 3000 studenti aventi diritto alla borsa di studio solo circa un terzo di loro la percepisce per l’anno 2023/2024? Possibile che ben 526 degli aventi diritto dell’anno accademico 2022/2023 ancora non la percepisce? Gli idonei a riceverla sono aumentati, lo scorso anno accademico erano 2980, questo anno sono 3400 e di questi ben 2157 non l’hanno ancora ricevuta, pari al 63%. A questi vanno aggiunti oltre 100 studenti della Accademia di Belle Arti e del Conservatorio. Motivo? Mancano i fondi.

La Regione ha fatto male i conti, si è distratta e nel bilancio ha stanziato pochissimi denari, del tutto insufficienti, e così il diritto allo studio, che deve garantire, se ne va a gambe all’aria. Diritto allo studio vuol dire anche garantire un posto letto a coloro che non sono residenti in città. La politica regionale sugli studentati è del tutto fallimentare. I posti letto “calmierati” sono del tutto insufficienti. Il libero mercato immobiliare privato non è idoneo a soddisfare tutte le richieste, in quanto, pur essendo aumentata l’offerta del 46% rispetto all’anno scorso, vede una domanda ancor più alta, più del 56%, come si evince da un “rapporto” di Immobiliare.it Insights (società specializzata in big data e market intelligence per il settore) che ci informa che Verona è l’ottava città più cara per canoni di affitto (mediamente 401 euro per camera a studente). Il problema però è che non se ne trovano a sufficienza, così il diritto di studio non viene garantito.

Gli studenti che frequentano l’Università di Verona non possono restare da soli in una rivendicazione sacrosanta. Vanno sostenuti, per ottenere investimenti dalla Regione sia per adattare molteplici edifici pubblici (quanti dello Stato abbandonati!) a studentati in numero sufficiente, sia per incrementare subito gli stanziamenti in bilancio per assegnare a tutti gli aventi diritto, di quest’anno e dell’anno scorso, le necessarie borse di studio.

Comune e Provincia, assieme agli studenti, siano protagonisti di questa giusta rivendicazione, il diritto allo studio è un diritto costituzionale che va garantito pienamente e immediatamente.

Inoltre, questa brutta inadempienza regionale che può modificare negativamente i legittimi progetti di vita di molti studenti e studentesse e che ostacola la crescita professionale e culturale delle nuove generazioni, ci dice che la progettata Autonomia Differenziata va bloccata. Non solo divide l’Italia, ma mette in mano responsabilità enormi a chi è incapace di garantire diritti semplici ed elementari come il diritto allo studio.

Verona, 12/03/2024

La Segreteria Provinciale di Sinistra Italiana Verona

Scuola. Abbandono, dispersione o ancora selezione di classe?

La Destra peggiore di governo scopre che abbandono e dispersione scolastica sono elemento di esclusione per molti giovani e che la bassa scolarità destina fasce sempre maggiori di giovani alla marginalità sociale. Sono inconfutabili i dati dell’abbandono scolastico che nel nostro paese colpisce , già nell’obbligo, un bambino su sei, in particolare nel sud. L’aveva già scoperto decenni fa Don Milani che fece una grande battaglia culturale e politica per un cambiamento della scuola italiana, per una scuola al servizio dei deboli , dei poveri.

La soluzione che viene proposta è quella di inasprire le pene fino alla reclusione per chi non manda i figli alla scuola dell’obbligo. In verità non so a cosa possa servire la carcerazione di qualche mamma povera e disperata.

Riesce difficile pensare che la rinuncia alla scolarità per i propri figli sia una scelta ideologica o di egoismo sociale, la verità è che l’abbandono o la difficoltà di frequenza è in primo luogo una questione di censo, di difficoltà economiche.

E’ per la mancata attuazione della mensa scolastica l’impossibilità di attuare nel primo ciclo il tempo pieno ma mentre l’85 % dei bambini al nord può utilizzare la mensa scolastica a Napoli, la stessa percentuale non è in grado di usufruire del tempo pieno per mancanza di strutture, mensa e trasporto.

E’ la spesa per la frequenza di asilo nido e scuola dell’infanzia, la non gratuità e il costo di mensa e trasporto a impedire a parte significativa delle famiglie, con accentuazione al Sud, il completamento del percorso scolastico

Quanto la mancanza di un qualificato percorso formativo sia alla base dei processi di abbandono che colpiscono in particolare le famiglie povere del sud è fin troppo evidente. La scuola manca in quella che è la sua funzione essenziale, l’uguaglianza e la promozione sociale.

Ma il ruolo della scuola pubblica non era quello di porre in condizione di parità i bimbi e i giovani di tutto il paese? Non era sua la mission di sottrarre le famiglie dalla tragica scelta fra i libri di testo e la spesa quotidiana? Non si era parlato di obbligo e gratuità. Non si era esteso il diritto alla scolarità al secondo anno della scuola superiore e ai 6 anni antecedenti la primaria? Dove sono le mense, le palestre il trasporto per disabili, la scuola per l’infanzia , l’asilo nido?

Perché non si applica il tempo pieno come normativa comune, come passaggio essenziale alla funzione formativa e alla qualità della scuola dell’obbligo? Perché la mensa a scuola è a pagamento e esclude chi non può permettersela? Mensa e trasporti sono “servizi a domanda individuale” svolti dai comuni e sostenuti da questi e dalle famiglie. La Scuola dell’Infanzia e i Nidi , pur normati da leggi nazionali sono solo parzialmente gestiti dal pubblico con tariffe socialmente discriminanti.

Allo stato attuale, la stessa frequenza dell’obbligo è privilegio di una parte della popolazione. Un solo esempio, non tollerabile nello spirito di una scuola che promuove e unifica. Un gruppo di famiglie in Lombardia ha chiesto l’esclusione dei propri figli dalla mensa scolastica e uno spazio nella scuola per l’utilizzazione di un pasto portato da casa e meno costoso. Anche nel ricco nord est la tariffa della mensa scolastica diventa insostenibile per chi vive del proprio lavoro.

La battaglia contro l’abbandono l’applicazione dell’universalità del servizio non è allora la punizione dei genitori poveri ma la piena applicazione dei criteri di gratuità e fruibilità per tutti della scuola , della precisa definizione della fascia dell’obbligo, della valorizzazione della sua funzione di servizio pubblico.

Verona 08 settembre 2023

Mauro Tosi (Sinistra Italiana Veneto)