Leggiamo in queste ore ampie e dettagliate cronache sulla marca della penna che Zaia avrebbe utilizzato per inviare una lettera alla Presidente del Consiglio Meloni con cui chiedere l’avvio del complesso e assai fumoso iter relativo alla autonomia differenziata.
Una legge approvata e pubblicata in Gazzetta Ufficiale senza alcun accenno, per stessa ammissione del Ministro Calderoli, alle risorse che devono accompagnare la definizione dei LEP. In assenza di riscontri più precisi, dunque, Zaia oggi si vota alla scaramanzia. Dopo che ai festeggiamenti per l’approvazione della legge con tutto lo stato maggiore leghista (da Salvini a Zaia a Calderoli) alla vigilia del ballottaggio a Montecchio Maggiore è seguita una sonora sconfitta proprio in quel Comune, si comprende che per superare la crisi della Lega serva anche questo…
Fa riflettere, invece, a proposito di autonomia, che dalla maggioranza non vi sia stata alcuna levata di scudi per i tagli, pesanti e orizzontali, ai Comuni previsti dalla Legge di Bilancio e dal Governo. Per i Comuni del Veneto le carte parlano di 85,5 milioni di euro in meno nei prossimi cinque anni. Questo si traduce in tagli ai servizi essenziali garantiti dai Comuni alla cittadinanza: meno risorse, meno servizi, meno diritti.
Crediamo non sia affatto casuale: il modello che hanno in mente le destre, con un cinico baratto tra forze politiche che per il resto mal si sopportano e che in decine di Comuni veneti si sono già spaccate, è quello dell’accentramento del potere. La somma tra premierato, autonomia differenziata e tagli ai Comuni (già purtroppo molto deboli) dice esattamente questo. Non un accenno al miglioramento dei servizi, dalle case popolari alla sanità pubblica, nemmeno un euro alla riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali (nord-sud, centro-periferie, città-aree interne), non un’idea su riconversione ecologica, politiche industriali e lavoro, non un cambio di passo su consumo di suolo o grandi opere impattanti sull’ambiente.
Stiamo assistendo, in sostanza, a una battaglia per il potere che, nei territori, non farà altro che accentuare il centralismo regionale a scapito dei Comuni, e che a livello generale accentuerà le disparità. In tutto questo i bisogni delle persone non sono mai realmente presi in considerazione: chiedete a Zaia quanti cittadini e cittadine del Veneto devono rivolgersi al privato per le cure pagando di tasca propria, o quanto sono lunghe le liste d’attesa per un alloggio popolare. Contro un simile disegno e queste politiche, noi siamo e saremo in campo con tutte le iniziative necessarie per ribadire un No netto e assieme per costruire un’alternativa che rimetta al centro le persone e i territori.
Come Sinistra Italiana abbiamo partecipato in questi giorni alle manifestazioni indette dalla comunità palestinese veneta per il cessate il fuoco. Di seguito un nostro contributo.
La battaglia per il diritto alla libertà e all’autodeterminazione del popolo palestinese ci riguarda. Ci riguarda non solo perché la libertà di un popolo riguarda tutti ma perché l’oppressione del popolo palestinese è la riedizione di una forma di colonialismo “oggi di insediamento” che pensavamo storicamente sconfitta e che colpisce una parte del mondo a noi vicina in tutti i sensi.
Il Sionismo è una forma di colonialismo che mira a impossessarsi della terra attraverso la spoliazione dei nativi con l’attuazione di forme di marginalizzazione, di servitù, di espulsione. Nei fatti la politica dello Stato di Israele è stata negli anni indirizzata ad annullare forme di condivisione e a escludere il Popolo Palestinese.
Nelle motivazioni Israeliane ritroviamo, ulteriormente accentuate, le stesse dell’insediamento coloniale europeo nei confronti delle Americhe, dell’Australia, del Sud Africa. Dal richiamo ricorrente della Terra Vergine, il mito della frontiera, alle pretese di eccezionalismo storico e di elezione biblica, avanzate dai Coloni.
L’’occupazione militare israeliana è chiaramente finalizzata alla punizione collettiva della Popolazione Palestinese, alla sua espulsione dai territori di Gaza e della Cisgiordania, a una pulizia Etnica indirizzata a ridurne la stessa presenza numerica. Le politiche di Israele sono fondamentalmente improntate alla logica di eliminazione dei nativi e all’appropriarsi della terra. Il Dominio Sionista è particolarmente accentuato dal richiamo all’identità religiosa.
Gli strumenti applicati dall’Esercito Israeliano sono inaccettabili, l’uso di bombardamenti devastanti mirati a demolire tutte le strutture civili, scuole e ospedali e la pratica di armamenti vietati come il fosforo bianco sono parte di una violenza senza limiti che è arrivata a inondare con acqua di mare i cunicoli sotterranei. L’aggressione si manifesta oltre che con l’uso dell’apparato militare, in tutte le maniere, con il blocco delle forniture alimentari, dei medicinali, dell’energia, della stessa acqua.
Grave la pratica dell’arresto dei civili, donne comprese, spogliati, torturati, interrogati, sottoposti a pratiche di violenza e di umiliazione fisica in aperto contrasto con le norme di tutela internazionale.
La politica Israeliana è sostenuta dagli Usa che hanno esercitato, con inaccettabili motivazioni, il Veto nel Consiglio di Sicurezza Onu sulla richiesta di cessazione dell’attività militare, delibera che ha successivamente ottenuto la stragrande maggioranza dei voti dell’assemblea ONU, spicca la servile astensione dell’Italia. Il blocco della delibera è un ulteriore pesante attacco all’ONU e al diritto internazionale. A questo si affianca il sostegno della Destra e lo schieramento univoco della gran parte degli organi di informazione dove l’uso di un doppio standard a favore dell’informazione israeliana è ormai pratica comune.
La difesa del diritto alla libertà e all’autodeterminazione del Popolo palestinese diventa così un punto dirimente per le prospettive democratiche e per la pace mondiale e deve essere al centro della nostra politica nazionale e internazionale.
Ci aspettano nei prossimi giorni e settimane l’impegno per l’informazione, per rendere pubblico lo stato delle cose, per denunciare la violazione delle norme internazionali che tutelano i civili, per fermare l’aggressione.
La fine dell’aggressione, il cessate il fuoco, è la parola d’ordine di cui ci dobbiamo fare carico come elemento base di ogni iniziativa politica.
Ci dobbiamo rivolgere a tutte le forme istituzionale, alle forze politiche, alle associazioni culturali e d’informazione per ottenere pronunciamenti, denunce, iniziative che condannino l’operato di Israele e delle sue forze armate e chiedano l’interruzione immediata della strage e il ripristino di condizioni di vita accettabili per tutta la popolazione palestinese.
L’impegno, fin da subito, dovrà essere quello di riconoscere e attuare l’ipotesi di Stato che rispetti l’autonomia e il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Scelta che sia per i due stati che per uno solo dovranno essere effettuate con la partecipazione di tutte le componenti dell’autogoverno e della resistenza palestinese, sotto il controllo e la garanzia della presidenza dell’Onu.
Le successive scelte di composizione dovrà comunque rispettare i confini fissati dalle nazione unite nel 67, la cancellazione delle successive e arbitrarie annessioni di Israele e delle normative discriminatorie a danno dei Palestinesi e i non Ebrei.
Gli strumenti di pressione politica e diplomatica sono tanti e vanno praticati tutti. Deve pesare sul Governo israeliano la condanna politica e l’isolamento internazionale.
Chiediamo. – La richiesta formale di “Cessate il fuoco” e di ripristino delle forniture vitali alla popolazione, da parte del Governo Italiano. – Il riconoscimento dello Stato della Palestina come già in atto da parte della maggioranza degli stati del mondo.
Ci impegniamo. – Per il ritiro dell’Ambasciatore e l’interruzione dei rapporti diplomatici. – l’interruzione di attività commerciali e industriali con enti e istituti Israeliani. – il boicottaggio dei prodotti agricoli, delle merci, delle iniziative turistiche di Israele.
Avevamo preso visione della proposta dell’assessore Benini di riforma istituzionale, e conseguentemente elettorale, delle Circoscrizioni del Comune di Verona. Tale proposta non solo non era stata prevista negli accordi programmatici della Coalizione di Rete, ma da noi e dalla lista “In Comune per Verona – Sinistra Civica Ecologista” e dai e dalle rappresentanti nelle circoscrizioni di In Comune per Verona era stata ritenuta inaccettabile.
Con tale proposta si vuole introdurre il presidenzialismo, con l’elezione diretta del presidente, con il metodo maggioritario, introducendo persino il voto differenziato (un voto ad un candidato presidente e un voto ad una lista di altro schieramento politico).
Si ritiene così di dare maggiore forza e ruolo alle Circoscrizioni, cui dovrebbero essere aggiunti nuovi poteri deliberativi, nuove funzioni amministrative e maggiori risorse finanziarie per allargare il decentramento amministrativo. Ma le nuove materie delegate, trasferite, nella riforma, sono: la viabilità e la segnaletica di quartiere! Così la montagna partorisce un topolino, un topolino nano.
Le Circoscrizioni nascono, dopo l’esperienza delle Consulte di quartiere, sulla scia di mobilitazioni e richieste di allargamento della partecipazione popolare alle scelte del governo locale.
Le forze politiche e sociali più progressiste, i corpi intermedi della società, comitati e molti cittadini richiedono una maggiore partecipazione democratica, un maggior concorso popolare e dell’associazionismo al governo della città, della cosa pubblica e dei beni comuni.
Non si vuole svuotare il Consiglio comunale delle sue funzioni e dei suoi poteri, erigendo otto piccoli nuovi municipi decentrati, ma si vuole allargare la partecipazione democratica, coinvolgere più e più cittadini al processo di decisione amministrativa. Le scelte, le delibere, le grandi decisioni che riguardano la città non debbono essere prese da pochi eletti, nel chiuso del palazzo, ma coinvolgere nel loro percorso più protagonisti possibile.
Le Circoscrizioni, che per legge dello Stato non hanno personalità giuridica (non possono indire appalti, fare contratti, ecc..), vengono istituite dal Comune non solo per chiedere pareri sui più importanti provvedimenti (bilanci, programmi, piani, ecc..), non solo affinché sia esercitato un maggiore controllo popolare sulle scelte amministrative più significative, ma, soprattutto, per cogliere proposte, indicazioni, soluzioni amministrative dalla cittadinanza attiva e per stimolare i cittadini a concorrere nel governo della città. Sono luoghi di raccolta delle opinioni e delle istanze provenienti dalla città per fornirle alle decisioni del Consiglio comunale.
Ovviamente servono anche, come luoghi, per decentrare servizi municipali nei quartieri per quanto possibile.
Tutto ciò non può che prevedere un sistema elettorale capace il più possibile di cogliere le più diverse aspirazioni, i più diversi orientamenti politici, civici e culturali. Serve applicare un sistema elettorale che non manipoli con meccanismi contabili la volontà popolare, ma la sappia rappresentare interamente e per ciò serve adottare il sistema elettorale proporzionale puro (come voluto da uno dei padri delle Circoscrizioni, l’ex sindaco Gozzi).
Per quanto richiesto alle Circoscrizioni, non vale far prevalere il criterio della stabilità amministrativa, della governabilità, alla volontà popolare che si vuole promuovere, altrimenti si riduce la partecipazione democratica. Spesso, nelle istituzioni elettive, aver fatto prevalere il sistema elettorale maggioritario per garantire stabilità, ha prodotto governi espressione di una minoranza del corpo elettorale, allontanando sempre più la partecipazione democratica, riducendo al minimo il numero degli elettori.
Adottare il presidenzialismo e il sistema elettorale maggioritario per eleggere organi di partecipazione e di ascolto delle opinioni e delle richieste della cittadinanza è un controsenso!
Dovremmo tornare al proporzionale e comunque non al presidenzialismo!
Un conto è rivedere lo Statuto e il Regolamento delle Circoscrizioni, un altro conto è farlo per introdurre il presidenzialismo in un ente privo, tra l’altro, di personalità giuridica!
All’assessore Benini ed al Pd chiediamo di ritirare questa proposta invitandoli a rivisitare, insieme, Statuto e Regolamento delle Circoscrizioni.
Le Circoscrizioni, per legge dello Stato, vanno interpretate come un allargamento del Consiglio comunale, senza avere i suoi poteri decisionali, ma che concorrono a dare soluzioni politiche e amministrative al governo della città, promuovendo la partecipazione democratica, raccogliendo la volontà popolare. E’ da qui che dobbiamo partire, non dal produrre otto capetti, otto mini sindaci senza scettro.
Già alla fine del 2020, la Giunta Sboarina, con l’assessore Padovani, ha varato una riforma elettorale delle Circoscrizioni, prevedendo la presentazione di coalizioni di liste e premio di maggioranza tale da far raggiungere alla coalizione o lista vincenti il 60% dei seggi. Il Governo locale di destra si è fermato lì, anche se aveva promesso di trasferire, successivamente, nuovi compiti e risorse alle Circoscrizioni.
Ora bisogna aprire un altro percorso politico di aggiornamento delle Circoscrizioni, ma di segno opposto, che le rafforzi nelle loro funzioni, attività e ruoli di suscitatrici di partecipazione democratica e popolare, che allarghi la presenza degli attori sociali, che non produca otto capetti pseudo sindaci, ma cerchi di far rappresentare il massimo del pluralismo esistente nel sociale. Ogni cittadino sia uguale nel voto, una testa e un voto, senza produrre, nei risultati, discriminazioni ed esclusioni con il sistema elettorale maggioritario che manipola, prima e dopo il voto, la volontà popolare. Così che ogni cittadino sia eguale davvero nel voto, affinché “una testa, un voto” valga ancora. Conseguentemente va reintrodotto il sistema elettorale proporzionale puro, adeguando la platea dei Consigli di Circoscrizione applicando il criterio del rapporto cittadini residenti ed eletti del Tuel (Testo unico enti locali) valevole per i Comuni.
In particolare le norme nazionali prevedono l’elezione di 16 consiglieri per una popolazione che conti tra i 3.000 e i 10.000 abitanti, 20 consiglieri tra i 10.000 e i 30.000 abitanti, 30 consiglieri tra i 30.000 ei 100.000 abitanti.
Naturalmente siamo disponibili a rivedere sia Statuto che Regolamento delle Circoscrizioni al fine di rendere più funzionanti ed efficaci le loro attività complessive e i loro rapporti con il Municipio.
Possiamo essere d’accordo con le proposte che riducono le firme per la presentazione delle liste elettorali nelle Circoscrizioni, ma riteniamo anche che debba essere data la opportunità alle liste che si presentano in coalizione per l’elezione del Consiglio comunale di presentarsi nelle elezioni contemporanee delle Circoscrizioni unite in liste comuni, riproducendo i loro simboli nel simbolo della lista comune, senza raccogliere le firme.
Il III Congresso Nazionale di Sinistra Italiana, conclusa la fase di lavoro delle Commissioni Politica e Statuto, sta entrando nel vivo. La discussione congressuale che vedrà impegnato il nostro Partito a tutti i livelli nel prossimo autunno sarà inevitabilmente influenzata dal contesto in cui si colloca. La guerra, la crisi economica prolungata, il protagonismo della destra (solo attenuato dall’esito elettorale spagnolo), l’assenza di una piattaforma politica nel campo del centrosinistra: sono tutti temi con i quali dovremo fare i conti, e per molto tempo. Il taglio generale del documento politico di maggioranza è corretto perché, consentendoci di andare al cuore delle questioni, pone le premesse per una buona discussione congressuale, che al suo esito ci consegni degli strumenti politici adeguati alla fase che attraversiamo.
La lettura proposta – capitalismo della crisi, diseguaglianza, sfiducia crescente, nuove povertà e insicurezze – può, con il Congresso, essere compiutamente portata a ulteriori conseguenze politiche, individuando in quella fascia che si situa tra il precariato, il lavoro povero, l’invisibilità, un segmento sociale di riferimento a cui rivolgersi. La crisi della politica, e della sinistra, non può essere superata se non coinvolgendo le fasce di nuova esclusione sociale, con analisi e proposte adeguate, uscendo dalle nostre sacche e provando a superare alcuni limiti del resto del centro-sinistra. Allo stesso modo, una solida analisi dell’attuale stato delle relazioni internazionali può consentirci di rafforzare la nostra posizione critica ed autonoma rispetto ai venti di guerra imperanti e forieri di rischi, verso la costruzione di una mobilitazione più larga.
Sin da subito, anche a questo scopo, ci siamo posti il problema di portare all’esterno la nostra discussione congressuale, anche sul piano del linguaggio, di farne un’occasione di allargamento delle nostre relazioni, un obiettivo prioritario a cui tendere con costanza e continuità a tutti i livelli. Chiaramente non bastano solo enunciazioni di volontà, ma serve creare le condizioni affinché tutto il corpo del Partito sia attivato, investendo con forza nella costruzione di un elemento di densità sociale, politica, organizzativa, come correttamente auspica il documento.
Gli assi di investimento prioritari possono essere almeno tre:
Il rafforzamento dei legami con le principali organizzazioni intermedie del nostro Paese, dal Sindacato all’Arci all’Anpi al mondo LGBTQIA+. Sono organizzazioni che spesso hanno parole d’ordine e battaglie direttamente sovrapponibili alle nostre. Valga, su tutti, il tema della pace e delle relazioni internazionali. La costruzione di un vasto movimento pacifista passa da un investimento in relazioni di questo tipo, da costruire coinvolgendo tutto il corpo del Partito.
Il rafforzamento delle strutture di inchiesta e di approfondimento tematico del nostro Partito, conuna articolazione in Dipartimenti a cui partecipino i responsabili di settore di ogni regionale e della Segreteria Nazionale, personalità e intellettuali esterni, rappresentanti di varie organizzazioni, i nostri parlamentari. Intendiamo, ad esempio, l’attivazione di cinque o sei dipartimenti che lavorino sulla base delle priorità politiche individuate dal Congresso, costruendo proposte credibili, puntuali, che diano il senso di come intendiamo superare il capitalismo della crisi e sconfiggere questa destra, con proposte concrete e campagne sul territorio.
Il rafforzamento dell’insediamento territoriale del nostro Partito. Va nella direzione giusta l’obiettivo di aprire almeno una sede in ogni Regione, ma è chiaro che non può bastare: per tendere all’obiettivo, prioritario, di aprire almeno una sede per provincia, vanno aumentate le risorse ai territori, compreso il 2×1000, anche legandole a progetti specifici di insediamento e con campagne politiche per l’autofinanziamento. È inoltre corretto l’invito ai Segretari Regionali in Direzione Nazionale: in generale, il coinvolgimento massimo dei territori nelle discussioni e nei processi decisionali, anche con forme di consultazione, è un valore per una crescita coesa della nostra comunità, di cui tenere conto in tutti i passaggi.
Il Congresso può e deve essere il momento in cui si pongono le basi per compiere un salto di qualità nell’attività di analisi e di elaborazione del Partito, con la costruzione di momenti di inchiesta sul territorio da cui trarre elementi di conflitto, con l’attivazione di campagne politiche, prefigurando l’alternativa politica e sociale che collettivamente intendiamo realizzare, con parole d’ordine chiare e condivise. Le battaglie per la sanità pubblica sono esemplificative di un impegno che, se reso costante, può individuare una delle contraddizioni più vive nella società.
Serve però un lavoro coeso, organizzato, di inchiesta, di denuncia e di proposta. Il documento politico pone le premesse per svolgere questo salto di qualità. Il nuovo Statuto, di cui al termine del Congresso ci doteremo, e la futura politica organizzativa del Partito, dovranno alzare l’asticella, con strutture adeguate ad accompagnare la crescita, modi e tempi dell’elaborazione politica (compresa una riflessione sull’intervallo tra un Congresso e l’altro). Ci riserviamo di sviluppare nostre proposte nella discussione congressuale.
Dipartimenti tematici, Comitato scientifico, risorse ai territori legate a un programma di insediamento, consolidamento delle relazioni con organizzazioni intermedie e realtà territoriali con cui si condividono obiettivi politici di fase, consultazione dei territori in tutti i momenti di decisione.
Nel percorso di avvio al terzo Congresso di Sinistra Italiana, come Regionale del Veneto abbiamo convenuto di fare la nostra parte attraverso la costituzione di un apposito gruppo di lavoro che ci consenta di articolare riflessioni e contributi alla discussione, insieme ai provinciali, alla giovanile e ai compagni/e del Veneto inseriti nelle Commissioni Politica e Statuto, anche per tirare le fila del lavoro politico svolto sul territorio nel corso degli ultimi due anni e mezzo.
Riteniamo utile, in questa fase di prima stesura dei documenti, avanzare un unico documento, contenente alcuni spunti di lavoro, per la Commissione Politica e Statuto. Orientamento politico generale del Congresso e modalità del nostro stare insieme sono, infatti, parte di un unico discorso che va inquadrato, almeno in questa fase, nel suo complesso.
Il taglio generale su cui sta lavorando la Commissione Politica, ossia la riflessione sul capitalismo, è convincente: si tratta del nucleo centrale delle questioni, oggetto, soprattutto nel nostro Paese, di un processo di rimozione dal discorso pubblico. Una solida analisi su questo punto ci consente di mettere in campo una visione, un pensiero lungo, oggi fondamentale per alzare la qualità delle nostre proposte. Il superamento del capitalismo è il nostro orizzonte, a cui dovremo lavorare ripensando con un linguaggio nuovo le idee di socialismo e democrazia, prestando grande attenzione al livello istituzionale e costituzionale. Un compito di alto profilo, che sedimenti analisi e proposte mature, adeguate alla fase che viviamo, con solide fondamenta sociali, politiche ed economiche.
Una forza politica di sinistra, come la nostra, ha il compito di lavorare su una piattaforma generale che punti al centro della critica al sistema attuale e che apra prospettive di conflitto per il suo superamento, sulla base di parole d’ordine chiare e riconoscibili, un quadro di ampio respiro nel quale si articolino proposte concrete e tangibili di cambiamento. Questo vale anche per il linguaggio che utilizziamo, affinché gli strumenti che utilizziamo possano essere destinati, auspicabilmente, ad una platea più vasta dei soli compagni e compagne iscritti/e.
Non è solamente una questione di metodo: lo scenario internazionale impone questo salto di qualità. Siamo in uno scenario per certi versi inedito: la crisi della globalizzazione neoliberista sta avendo il suo sbocco in un conflitto di portata generale, oggi tra Russia e Stati Uniti-Nato, in prospettiva con la Cina. La direzione verso il superamento dell’ordine mondiale unipolare, che alla fine dell’URSS era stato indicato come l’unico possibile, apre uno scenario nel quale emergono nuove potenze imperiali e nuovi attori. Il ruolo dell’Unione Europea è stato, fino ad ora, di subalternità ai diktat di Oltreoceano, mentre l’Italia a guida Meloni ha scelto la funzione di prima portatrice degli interessi atlantici.
Un quadro di questa portata impone una riflessione a tutto campo, dalle conseguenze economiche (la Germania in recessione) a quelle sociali (l’impatto dell’inflazione), dallo scenario dei settori energetico e industriale (il controllo delle materie prime) alle relazioni internazionali: giudizio sul ruolo dell’Europa rispetto alla Nato, autonomia, riconoscimento ed attenzione verso le iniziative di primo piano svolte, ad esempio, dal Brasile di Lula o, su un altro piano, dallo stesso Vaticano. È l’iniziativa per la pace, che si salda con lo stato attuale del capitalismo, e con lo scenario di un avanzamento delle destre a livello europeo (le prossime elezioni del Giugno 2024 potrebbero segnare uno spartiacque) che aggraverà il quadro.
Per svolgere questo compito, per comprendere i nessi, per assumere posizioni aggiornate ed adeguate serve investire sul Partito quale strumento collettivo di inchiesta ed elaborazione di proposte, una comunità che opera per la ricostruzione e la valorizzazione di una nuova coscienza sociale.
Gli ultimi due anni e mezzo, e le elezioni politiche di settembre, hanno fatto compiere, alla nostra organizzazione, un salto di qualità anche sul piano di una soggettività della sinistra più forte e più autonoma, con una connotazione rosso-verde che va vista nel suo carattere strategico.
Una parte di questo lavoro è ancora da compiere: fuori da noi esistono forze intellettuali, luoghi di conflitto, esperienze di auto-gestione sul territorio, reti civiche con cui abbiamo necessità non solo di dialogare ma anche di costruire pezzi di percorso comune, nella consapevolezza che oggi, con questa destra, il tema della risposta politica generale diventa questione ineliminabile per qualunque soggetto che aspiri a svolgere un ruolo non marginale. Dovremo farci promotori di un percorso di maturazione che consenta di tenere assieme, in modo equilibrato ed efficace, la spinta di esperienze attive sul territorio con la necessità di un orientamento politico generale, chiaro, radicale, riconoscibile, necessario per fronteggiare il blocco politico-sociale di questa destra. Un percorso di crescita che coinvolge l’Alleanza Verdi Sinistra-Reti Civiche, la cui vitalità è oggi quantomai necessaria, e che può essere articolato con la convocazione di una Conferenza programmatica che permetta, nel lavoro comune, anche di superare alcune difficoltà e divisioni territoriali che, quando si sono prodotte, nelle tornate successive alle politiche, ci hanno obiettivamente penalizzato.
Il Partito può crescere solo con un lavoro di insediamento territoriale e sociale. In tutte le nostre strutture (assembleari, di direzione politica ed esecutive) è necessario valorizzare l’accumulazione prodotta nei territori. Questo significa, ad esempio, costruire dei veri dipartimenti tematici che si confrontino ed elaborino inchiesta e proposta politica e a cui partecipino i responsabili regionali di settore. Significa aprire il Partito alle forze intellettuali, che pure intercettiamo sul territorio, e che vanno coinvolte nell’ambito di un Comitato Scientificodi ampio respiro. Significa riconoscere, in Direzione Nazionale, il ruolo svolto dalle strutture regionali, con la presenza dei Coordinatori/trici sulla base di criteri e funzioni da individuare (es. partecipazione all’iniziativa del Partito in tutti i suoi livelli, ecc). Significa rafforzare la struttura operativa nazionale del Partito, riaffermando la distinzione fra Gruppo parlamentare e struttura di Partito evitando, con l’ovvia eccezione della figura del Segretario Nazionale, la presenza di parlamentari in Segreteria. Significa dotarsi di uno specifico programma per lo sviluppo territoriale, per l’aumento degli iscritti, per l’apertura di nuove sedi, per la valorizzazione delle forme di autofinanziamento, formalizzando la gestione del finanziamento pubblico e la quota da riservare ai territori.
Sono alcune proposte che avanziamo nella discussione e che ci riserviamo di meglio sviluppare nella discussione che seguirà.