Martedì 10 ottobre è la Giornata Mondiale sulla Salute Mentale, tema troppo spesso trascurato o messo ai margini dal dibattito politico, nonostante sia sotto gli occhi di tutti come i due anni di pandemia, con il distanziamento fisico e l’isolamento sociale che hanno comportato, siano stati dannosi per il benessere mentale di moltissimi veneti.
Nella nostra regione molti distretti e reparti di psichiatria sono in difficoltà, una situazione dovuta a una sanità pubblica veneta che ha indebolito i servizi sul territorio e ridotto le risorse destinate alla tutela della salute mentale. Aziende sanitarie e comuni in passato potevano utilizzare maggiori risorse anche per prevenire i fenomeni di disturbo mentale. Oltre agli effetti della pandemia va notato anche come lo stile di vita frenetico e un mondo che richiede da ogni individuo il massimo di “successo” creino fenomeni di inadeguatezza sociale che in alcuni casi comportano danni per il benessere mentale delle persone.
Come è noto, per i finanziamenti al comparto della salute mentale la Regione Veneto è terzultima a livello nazionale con una spesa del 2,3% del fondo sanitario regionale. La conseguenza è che chi se lo può permettere è costretto ad accedere, pagando, al regime privatistico, chi non può, invece, spesso deve semplicemente farne a meno. Secondo noi era importante prima della pandemia (e lo è ancora di più oggi) investire risorse pubbliche per la tutela della salute mentale, è necessario investire sui distretti, sui consultori e su figure come educatori e psicoterapeuti che possono essere recettori dei bisogni che hanno le persone più fragili, per poter prevenire situazioni che portino al ricovero in psichiatria.
Dal 1978 con la Legge Basaglia sono stati chiusi i manicomi e dal 2014 sono stati chiusi gli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) con la trasformazione di questi ultimi in REMS (Residenze per l’Esecuzione della Misure di Sicurezza).
La peculiarità di queste nuove strutture è l’attenzione primaria alla malattia psichiatrica piuttosto che al reato e alla pena. Molti dubbi e criticità sono ancora presenti nell’organizzazione di tali realtà anche perché non ci sono degli standard nazionali ai quali riferirsi e nemmeno un monitoraggio del loro andamento.
Passi avanti sul fronte psichiatrico sono stati fatti, ma in Veneto rimangono molte questioni aperte, come l’idea della Regione Veneto di istituire delle strutture nel territorio per chi soffre di disagi psichiatrici, strutture ribattezzate “manicomietti” da molti di coloro che si occupano di salute mentale.
In alcuni casi, inoltre, si registra in Veneto una forte somministrazione di farmaci ai pazienti ricoverati nei reparti psichiatrici degli ospedali e anche questo aspetto andrebbe maggiormente approfondito. Non solo: il potenziamento nel percorso pubblico deve passare anche dalla massima attenzione per la fase del post ricovero, tanto delicata quanto essenziale per il completo riassestamento del paziente, specie nelle situazioni di maggior fragilità.
Noi pensiamo che a livello nazionale e, ancor più in Veneto sia necessario cambiare direzione nel delicato ambito della tutela della salute mentale. Va ricostruita e potenziata una rete di supporto per le persone più fragili e per chi sta loro accanto.
Riteniamo che vada posta particolare attenzione al rafforzamento della rete dei consultori e dei distretti il cui lavoro può essere molto utile per monitorare la salute mentale dei pazienti e prevenire forme di malattia mentale. E pensiamo sia altrettanto importante l’impostazione di una politica di inclusione di chi soffre di un disturbo mentale.
Sinistra Italiana del Veneto – Gruppo Sanità